venerdì 11 settembre 2009

Intervista di Antonio Rugolo di Empedocle70 parte quarta


Quale significato ha l’improvvisazione nella sua ricerca musicale? Si può tornare a parlare di improvvisazione in un repertorio così codificato come quello classico o bisogna per forza uscire e rivolgersi ad altri repertori, jazz, contemporanea, etc.?

Credo che sia difficile pensare di trovare spazi improvvisativi in un certo tipo di musica (mi riferisco ovviamente alla musica di cui mi occupo in particolare io), la fantasia interpretativa ha comunque poco da spartire con l’ improvvisazione. La mia ricerca va più verso il tentativo di far rivivere nel miglior modo possibile l’ idea fissata dal compositore sul suo spartito; mi sono occupato raramente di musica d’ avanguardia che lascia ampi spazi improvvisativi all’ interprete. Con questo non voglio assolutamente sminuire la dimensione “improvvisativa”, del resto cosa altro erano i grandi virtuosi del passato se non degli straordinari, funambolici improvvisatori.
E’ una dimensione che non mi appartiene, forse perché non posseggo, o non ho mai coltivato abbastanza, lo “speciale” talento che le da forma. Come ogni arte necessita di studio e applicazione ed il mio lavoro in questi anni si è orientato verso altre direzioni. Le faccio un esempio: nella musica di Santórsola oltre ad una scrittura chiara ed inequivocabile, vi sono innumerevoli indicazioni interpretative che non lasciano niente al caso e che, a primo acchito, sembrano imbrigliare l’ interprete che invece può dare il meglio di se grazie ad una “regia” accurata e dettagliata.

Ascoltando la sua musica ho notato la tranquilla serenità con cui lei si approccia allo strumento indipendentemente dal repertorio, da con chi sta suonando, dal compositore, dallo strumento che lei adopera dimostrando sempre un totale controllo sia tecnico che emotivo, quanto è importante il lavoro sulla tecnica per raggiungere questo livello di “sicurezza”?

La “apparente” tranquillità viene da un accurato lavoro di preparazione che non lascia mai nulla al caso. Il lavoro sulla tecnica non deve mai essere svincolato dal discorso musicale: ogni dito, ogni scelta di diteggiatura è calibrata e costruita sul fraseggio, sulla dinamica e sul carattere del brano, quindi assolutamente incentrato sulla musica.
Ho terminato da poco questo lavoro sul Quintetto di Castelnuovo-Tedesco che ho suonato a fine maggio. La riuscita di una esecuzione dipende per un buon 80% dal lavoro di impostazione che si fa su di esso. Cerco sempre di far capire questo ad i miei alunni, perché credo che non esistano passaggi ineseguibili, bisogna solo trovare le soluzione giuste per le diteggiature di entrambe le mani e poi non avere mai il timore di cambiare e ricambiare sino a trovare la combinazione che per la nostra tecnica e per le nostre mani, “funziona”. E’ assolutamente inutile studiare e ristudiare un passaggio difficile se a monte non si è capito il perché della difficoltà. E’ un lavoro che richiede molta pazienza ma ripaga con frutti incredibili. In questo, lo studio della musica di Santórsola mi ha aiutato tantissimo, ricordo il lavoro fatto su alcune frasi del 1° tempo della Sonata Italiana: alcuni passaggi sembravano davvero impossibili e irrealizzabili alla velocità finale, l’ unico problema era che non avevo ancora trovato la giusta idea per realizzarlo. La musica di Santórsola è stata ed è ancora la mia palestra a tutti i livelli, e mi ha aiutato a capire che ogni passaggio può con un adeguato studio, diventare perfettamente eseguibile e musicalmente fluido ed efficace.


Luciano Berio ha scritto “la conservazione del passato ha un senso anche negativo, quando diventa un modo di dimenticare la musica. L’ascoltatore ne ricava un’illusione di continuità che gli permette di selezionare quanto pare confermare quella stessa continuità e di censurare tutto quanto pare disturbarla”, che ruolo possono assumere la musica e i compositori contemporanei in questo contesto?

Berio non a caso dice “anche”….. Credo che la musica deve assolutamente evolversi e deve cercare nuovi modi per esprimersi e per comunicare; a volte magari si correrà il rischio di non essere subito compresi ed apprezzati, ma questo non deve pesare sulle scelte di un interprete o sulla libertà espressiva da parte di un compositore moderno nell’ utilizzo di linguaggi nuovi: credo fermamente che ognuno deve seguire il proprio istinto per liberare l’ arte che è in se senza condizionamenti.

Come vede la crisi del mercato discografico, con il passaggio dal supporto digitale al download in mp3 e tutto questo nuovo scenario?

Credo che il progresso non si possa fermare ne tantomeno si può prevedere il futuro.
Non so, io sono molto legato al “disco” e lo sono sempre stato anche da bambino, quindi difficilmente immagino la possibilità di smettere di avere il piacere di comperare ed ascoltare dischi. Forse il futuro non è solo nel download in mp3, potrebbe esserlo per la musica di consumo, anzi credo che sia il modo migliore per fruire di tutta quella “musica spazzatura” che fa innamorare le ragazzine ma che dopo sei mesi è già vecchia. Per fortuna noi non ci occupiamo di questo settore e fino a quando i lavori discografici avranno alle spalle progetti di rivalutazione e di ricerca storica e non solo di sfoggio della propria narcisistica bravura allora difficilmente il disco morirà.
Io immagino un futuro dove magari potremo avere un fenomeno di espansione dell’ audiofilia con la decadenza dei supporti digitali e la rinascita del vinile………….

Ci consigli cinque dischi per lei indispensabili, da avere sempre con se.. i classici cinque dischi per l‘isola deserta..

James Taylor (LIVE) del 1993
Andrés Segovia che suona la “Fantasia para un Gentilhombre” e il “Concierto del Sur”
Dire Straits “Money for Nothing”
J. S. Bach i “Concerti Brandeburghesi”
J. S. Bach le “Cello Suites”



Quali sono invece i suoi cinque spartiti indispensabili?

Douze Études di Heitor Villa-Lobos
Opere Complete per Liuto di J.S. Bach
Le Rossiniane di Mauro Giuliani
5 Preludi e le 5 Sonate di Guido Santórsola
Studi di Trascendenza e Virtuosità di Angelo Gilardino

Il Blog ha aperto di recente una nuova rubrica dedicata ai giovani neodiplomati e diplomandi, che consigli si sente di dare a chi, dopo anni di studio, ha deciso di iniziare la carriera di musicista?

In primo luogo mi sento di consigliare fortemente a tutti i neo diplomati di non fossilizzarsi esclusivamente nello studio e nell’ approfondimento del repertorio solistico: tutti i periodi storici hanno riservato alla chitarra, ed affini, ruoli di grande importanza all’ interno delle più svariate formazioni cameristiche. La ricerca e l’ approfondimento di tutto questo repertorio originale, potrà riservare piacevolissime sorprese ed ampi spazi di espressione e gratificazione. In secondo luogo credo sia fondamentale studiare sempre alla ricerca di una idea musicale profonda: è nostro dovere come artisti e professionisti, regalare al nostro pubblico la possibilità di fruire di tutta la ricchezza che la musica ha in se.

Con chi le piacerebbe suonare?

A dire la verità i musicisti con cui suono a partire dal Quartetto d’ archi Paul Klee continuando con mia moglie flautista Nicoletta Di Sabato e gli amici chitarristi del Quartetto Santórsola, sono tutti musicisti straordinari con cui riesco a trovare intenti comunicativi comuni molto forti e con cui riesco a raggiungere durante i concerti momenti di grande intensità ed emozione.

Quali sono i suoi prossimi progetti? Su cosa sta lavorando?

Sono sul mio leggio da circa un anno dei nuovi brani per chitarra sola di Santórsola a cui voglio dedicare un nuovo disco solistico. La Sua musica non smette mai di sorprendermi e di entusiasmarmi. Inoltre stiamo lavorando, insieme con il Quartetto Santorsola, a diversi nuovi brani tra cui lo splendido Concerto Italiano di Angelo Gilardino ed il secondo movimento di Claps che Davide Ficco sta scrivendo per noi..



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