martedì 6 maggio 2014

Generazione di Fenomeni, saggio e interviste di Andrea Chiarello, seconda parte



GIAN MARCO CIAMPA

1. Partendo da questa citazione di E.Fisk qual’ è la figura didattica italiana a cui fai riferimento,dalla quale pensi di trarre forte ispirazione o con la quale hai avuto l’occasione di studiare?

Fare l'insegnante è un mestiere difficilissimo e, che sia chiaro, non coincide assolutamente con il suonare. Conosco moltissimi insegnanti bravissimi che poi magari a suonare non sono questi grandi fenomeni. Io fortunatamente nella mia storia di studente sono stato molto fortunato.
A partire dal mio primo insegnante che mi ha messo la chitarra in mano e mi ha impostato, Fabrizio Verile, senza il quale probabilmente adesso non sarei il musicista che sono,passando per  Fernando Lepri che mi ha trasmesso sin da ragazzino una certa professionalità e serietà nel fare quello che facevo, arrivando poi ai grandissimi Bruno Battisti D'Amario di cui sono stato allievo per anni e che mi ha formato moltissimo come artista e musicista al quale sono grato ogni giorno e che è
riuscito a tirar fuori le mie caratteristiche migliori e Oscar Ghiglia che in Chigiana mi ha aperto un mondo nuovo e mi ha reso conscio delle mie possibilità artistiche nonché un modo di vedere la musica magico.
Fondamentale è poi il mio attuale Maestro Arturo Tallini che mi "allena" ogni giorno e con il quale sto facendo una ricerca di me stesso sia artistica che non. Mi sta insegnando ad essere un vero professionista e soprattutto a fare delle mie virtù i miei punti di forza.
Ho avuto la fortuna di fare moltissime Masterclass con tantissimi Maestri di fama internazionale:Carlo Marchione, Judicael Perroy, Fabio Zanon, Angelo Gilardino, Marcin Dylla e tantissimi altri;ognuno di loro mi ha insegnato e lasciato qualcosa anche con una sola lezione.
Tirando le somme insomma la caratteristica fondamentale che fortunatamente tutti i miei insegnanti avevano è la passione con la quale questi fanno il proprio lavoro. Non sopporto, e ogni tanto mi capita di vederli in giro, quei docenti che insegnano tanto per guadagnare il loro stipendio e non capiscono invece che il loro è un lavoro fondamentale che formerà quelli che saranno poi i musicisti di domani. Senza bravi insegnanti non esisterebbero bravi musicisti.

2. Essendo un giovane concertista,sicuramente lo studio giornaliero occuperà molto tempo della tua giornata. Ti senti valorizzato dalle varie organizzazioni chitarristiche(Festival) e soprattutto ti vengono dati spazi adeguati per esibirti?

Purtroppo nel mondo della chitarra si è innescato un meccanismo un po' particolare: le Associazioni e i Festival tendono a chiamare a suonare i giovani solamente come premio di concorsi vinti. Quindi  un giovane rischia che per fare concerti deve vincere più concorsi che può facendo diventare la musica quasi una gara continua più che una professione artistica.
Certo non è sempre così e io non posso lamentarmi perché in questi due anni ho fatto tantissimi concerti in tutta Italia, però molti dei concerti li devo al fatto che ho vinto dei concorsi internazionali importanti e conosciuti da tutti. Quindi per quanto riguarda la mia esperienza personale sono molto soddisfatto perché ho suonato quasi sempre in situazioni di alta qualità. Insomma è giusto che chi vinca venga premiato, ma è vero anche che non si può fare e vivere tutta la vita di concorsi, sarebbe bello dunque se le associazioni, organizzazioni e festival fossero anche più curiose e si informassero sui giovani talenti e su chi vale la pena far suonare. Fortunatamente qualcuno già lo fa, ma per ora è ancora in minoranza.

3. Sei soddisfatto della didattica del tuo paese? Andresti a studiare il tuo strumento in qualche posto(Paese) in particolare? Se si,dove?

Il nostro paese è patria di chitarristi e di didatti eccezionali. Abbiamo delle personalità fondamentali per la chitarra e conosciute in tutto il mondo. Gli insegnanti validi non ci mancano, il problema è che spesso le istituzioni dove insegnano non aiutano molto ne i maestri ne gli studenti. Il problema è che quindi spesso famosi chitarristi e insegnanti di grandissima fama italiani si trasferiscono all'estero per insegnare e per il nostro paese questo significa solamente perdere un patrimonio che va a giovare invece altri paesi dove magari non hanno una grande tradizione chitarristica o grandi talenti ma hanno delle strutture formidabili. Basti pensare ad esempi come quello di Oscar Ghiglia che ha insegnato a Basilea per una vita o a Carlo Marchione che vive a Maastricht da sempre: insegnanti di alcuni dei chitarristi più famosi al mondo e di tantissime generazioni, Maestri che probabilmente se avessero avuto possibilità migliori in Italia sarebbero rimasti ed avrebbero fatto sicuramente la fortuna di molti chitarristi del nostro Paese.

4. Che obbiettivi lavorativi vorresti raggiungere in futuro?

Gli obiettivi sono tanti e lavoro di giorno in giorno per ottenerli. La cosa più importante e più bella sarebbe girare il mondo con la mia chitarra. Poi credo anche che con il passare degli anni e dell'età gli obiettivi, le esigenze e le priorità posso tranquillamente cambiare, per ora mi godo questo momento dove faccio tanti concerti e sto sempre in giro.

5. Che consiglio senti di dare ai giovani chitarristi come te che vogliono affrontare una carriera da concertista.?

In realtà non so se sono in grado di dare chissà quali consigli perché sono nel pieno di questo momento che sto vivendo e anche io a volte non mi rendo bene conto di ciò che mi accade intorno. L'unica cosa che posso dire, che è poi quello che faccio io, è impegnarsi e crederci ogni giorno ma sopratutto vivere la musica in tutta la sua essenza perché siamo tra i pochi fortunati che possono goderne veramente ogni giorno.


Giulia Ballarè

1. Partendo da questa citazione di E.Fisk qual’ è la figura didattica italiana a cui fai riferimento,dalla quale pensi di trarre forte ispirazione o con la quale hai avuto l’occasione di studiare?

Rispetto alla condizione di Fisk, credo che noi giovani italiani ci possiamo considerare più fortunati: rispetto  a 50 anni fa, il numero di bravi insegnanti in circolazione è maggiore e quindi la tecnica chitarristica è cresciuta più velocemente. Credo sia  estremamente difficile trovare una sola  figura di riferimento, soprattutto perché ho notato molte figure degne di attenzione. Posso però affermare che, per me,  è stato determinante il mio insegnante Guido Fichtner.  Il M ° Fichtner mi ha cresciuta con la tecnica di tipo scientifica di Mauro Storti e secondo i precetti della scuola francese di Alberto Ponce sul suono e sull'interpretazione. Con lui ho fatto quasi tutto il mio percorso in Conservatorio a Novara, fino al Biennio d'Interpretazione. Tanti anni che ci hanno legato molto e hanno fatto sì che si instaurasse quel rapporto unico tra allievo e insegnante: ormai, quando faccio lezione con lui basta un gesto, una parola per intendersi al volo.
Fortunatamente, visti i mezzi disponibili nel XXI secolo (addirittura è possibile vedere masterclass del grande Segovia su YouTube, senza neanche dover uscire dalla propria camera!), è facile raggiungere i maestri che mi interessano. Una delle prime occasioni dove mi sono guardata attorno è stata ai corsi estivi di chitarra. Frequentando quelli di Ascoli Piceno, poi  di Acquasparta, ho conosciuto nuovi insegnanti (come ArturoTallini, Walter Zanetti, Maurizio Norrito, Monica Paolini, Stefano Palamidessi) e ho scoperto che le tante cose che ti sono state insegnate da sempre, dette in un modo diverso da un'altra persona, ti accendono una lampadina! 
Così, parallelamente al biennio, ho frequentato un corso con il M° Walter Zanetti a Bologna. Anche lui aveva studiato con Alberto Ponce a Parigi, come Fichtner, con il quale addirittura faceva il viaggio insieme per andare a lezione in Francia. Diciamo, quindi, che ho continuato sulle stesse orme, ma che è stato importantissimo per la mia crescita frequentare un altro insegnante ... ti si apre la mente! Sentirsi dire cose già note ma in maniera nuova, forse, è la strada per scoprire e scoprirsi. Credo sia limitativo per un artista pensare solo al proprio paese, soprattutto nell'era della globalizzazione che effettivamente qualche vantaggio lo offre. Con il tempo ho ‘alzato il tiro’ e, sfruttando anche  le molte masterclass organizzate dal mio conservatorio all’interno del Festival ‘Il Mondo della Chitarra’, ho conosciuto chitarristi di fama internazionale come Frank Bungarten, Pablo Marquez, Claudio Marcotulli, François Laurent, Lorenzo Micheli. E, dopo avere frequentato molte masterclass con alcuni suoi allievi (Fichtner, Marcotulli, Norrito e Zanetti), ho potuto incontrare Alberto Ponce stesso.
Finito il biennio, all’interno del Festival milanese ‘Corde D’Autunno’, ho avuto l’onore di aprire il concerto di Pavel Steidl … mi innamorai letteralmente di quel chitarrista, dotato di una tecnica fenomenale, ma eccentrico e curioso! Dopo quel concerto, faccio di tutto per riuscire a partecipare a ogni sua masterclass tenuta in Italia o nel resto d’Europa.Ho avuto il piacere di conoscere i modi e gli insegnamenti di  Carlo Marchione che, dopo due sole lezioni, mi è rimasto impresso nella memoria con la definizione di ‘Enciclopedia Vivente’. Ho incontrato David Russell e Marcin Dylla al festival di Koblenz nel 2013. Tanti grandi e famosi personaggi del mondo della chitarra che, con la loro umiltà, sono in grado di trasmettere il loro sapere senza scoraggiare mai. Chitarristi che ti danno uno stimolo enorme e, nello stare con loro, capisci che non si studia mai abbastanza! È una continua ricerca!Per tornare alla frase sopracitata di Eliot Fisk … , tra i contemporanei , nessuno è riuscito, tra i chitarristi, a imporsi nel panorama culturale mondiale. Un esempio banale: Segovia è conosciuto dai miei genitori che non sono chitarristi, ed è conosciuto in quanto ‘chitarrista’; tanti altri bravi musicisti vengono conosciuti nell’ambito della mia famiglia solo in seguito ai miei racconti, dopo le mie masterclass e, in generale, dopo mie esperienze personali.

2. Essendo un giovane concertista,sicuramente lo studio giornaliero occuperà molto tempo della tua giornata. Ti senti valorizzato dalle varie organizzazioni chitarristiche(Festival) e soprattutto ti vengono dati spazi adeguati per esibirti?

Facendo concorsi e masterclass in giro per l' Europa, sempre in contesti internazionali, conosco tanti miei coetanei che mi raccontano delle loro diverse realtà e possibilità e con cui posso confrontarmi per capire meglio la mia realtà. Per alcuni c'è  l'enorme vantaggio che la scuola paghi allo studente promettente i costi del concorso, del viaggio, dell'albergo... insomma alcuni miei colleghi sono sovvenzionati perché le scuole di provenienza credono che i successi ottenuti dagli studenti  portino prestigio anche a loro! 
E’ inutile dire che io, avendo studiato in un conservatorio italiano, Il quale non  ha queste possibilità, ho sempre dovuto fare i conti con il MIO portafoglio per decidere a quali concorsi partecipare. Insomma è  sicuramente un mio orgoglio quello di poter dire di aver raggiunto tutti gli obiettivi solo con le mie (della mia famiglia all’inizio) possibilità! Certo è triste pensare che forse un chitarrista di talento, ma che non sia in grado economicamente di affrontare spese e viaggi, solo per il fatto che sia cresciuto in Italia, debba perdere occasioni su occasioni, rimanendo relegato nel suo cantuccio …
Ma tornando alla mia esperienza, in questi ultimi tempi mi accorgo che suonare nei Festival diventa sempre più difficile: siamo tanti e bravi! Le associazioni, nei Festival, fanno il possibile per riservarci spazi adeguati, ma è innegabile che ci siano numerose difficoltà per loro quando le Istituzioni non si interessano e solo i privati si preoccupano di sostenere manifestazioni culturali! 

3. Sei soddisfatto della didattica del tuo paese? Andresti a studiare il tuo strumento in qualche posto(Paese) in particolare? Se si,dove?

Come detto in precedenza, in Italia esistono persone molto valide, ma queste non sono per forza riunite in   un' unica struttura: è come giocare alla caccia al tesoro! E non è solo per fare del sarcasmo. Credo fermamente che il nostro mestiere sia una ricerca sia materiale (ovvero la ricerca di persone capaci e stimolanti), personale (cioè la ricerca di una propria personalità musicale) e assolutamente strumentale.
Indispensabile, credo io,  è avere anche un confronto con altri Paesi! e per la chitarra in particolare ritengo sia fondamentale un’esperienza in Spagna, patria di tale strumento. 
Io, e sono grata dell’esistenza di tale possibilità, ho avuto la fortuna di partecipare al progetto europeo ‘Erasmus’ nella città di Murcia, nella Spagna meridionale, e qui, oltre a vedere il rapporto che la gente comune ha con la 'guitarra' - simile a quello che noi italiani abbiamo con il pallone!-, essendo stata a contatto con flamenchisti,  ho potuto ampliare la mia tecnica chitarristica imparando ‘rasgueado’, le scale appoggiate (‘todo picado’) e apprendendo la tecnica del ‘todo pulgar’ (tutto pollice).

4. Che obbiettivi lavorativi vorresti raggiungere in futuro?

Sarebbe bello poter  insegnare in un Conservatorio, girare il mondo con la chitarra, vivere di musica: mi è stato insegnato che i sogni non costano, quindi punto in alto!!

5. Che consiglio senti di dare ai giovani chitarristi come te che vogliono affrontare una carriera da concertista.?

Guardarsi intorno, confrontarsi con il più bravo della classe, poi con il più bravo della regione, poi dello stato e così via; cercare di imparare da tutti! ognuno ci può trasmettere una parte di quest' arte.
Rimboccatevi le maniche, studiate sempre di più con l' obbiettivo di imparare ancora e ancora, non per una mera e triste competizione. Forse il trucco è proprio questo: un rapporto personale con la chitarra, uno studio che nasca come fine a se stesso e non per la vittoria di questo o quel concorso. Vittorie, premi e ‘gloria’ saranno forse conseguenze, ma l’importante è il proprio studio, per il proprio rapporto con lo strumento, per la propria persona! E poi … in bocca al lupo!



Flavio Nati

1. Partendo da questa citazione di E.Fisk qual’ è la figura didattica italiana a cui fai riferimento,dalla quale pensi di trarre forte ispirazione o con la quale hai avuto l’occasione di studiare?

Personalmente credo che in Italia abbiamo una serie di didatti e musicisti di altissimo livello. Io ho avuto la fortuna di studiare con maestri del calibro di Arturo Tallini, Giuliano Balestra, Carlo Marchione, Oscar Ghiglia: ognuno di essi ha esercitato una forte influenza sul mio modo di suonare, di concepire la musica e il mio mestiere, ma soprattutto ogni personalità ha contribuito a formare il mio essere “artista”- cioè creatore di arte - nel senso più completo della parola, che alla fine penso sia la cosa più importante di tutte. Chiaramente ho solamente citato gli
insegnanti con cui ho avuto il piacere studiare, ma posso tranquillamente affermare che ce ne sarebbero ancora tanti altri da elencare.

2. Essendo un giovane concertista,sicuramente lo studio giornaliero occuperà molto tempo della tua giornata. Ti senti valorizzato dalle varie organizzazioni chitarristiche(Festival) e soprattutto ti vengono dati spazi adeguati per esibirti?

Ci sono alcuni festival che danno uno specifico spazio ai giovani, ma in generale penso che si possa – e si debba - fare molto di più. La cosa che mi diverte è piuttosto vedere come i nostri colleghi più anziani rimangano spesso stupefatti dalla qualità delle proposte di noi giovani: il livello della chitarra si è alzato, ci stiamo finalmente avvicinando ai nostri colleghi pianisti, violinisti ecc … ma questo ancora non basta.
Poiché la chitarra rappresenta una nicchia all’interno di un genere che al giorno d’oggi sta vivendo una profonda crisi – quello della musica classica, si è venuta a creare una combinazione tra una concorrenza molto agguerrita e la carenza di sufficienti situazioni adeguate che infine non favorisce chi vuole emergere. Una via sicuramente è quella di vincere concorsi, ma forse non è l’unica e comunque non garantisce un successo a lungo termine.

3. Sei soddisfatto della didattica del tuo paese? Andresti a studiare il tuo strumento in qualche posto(Paese) in particolare? Se si,dove?

Secondo me il problema fondamentale dello studio della musica in Italia non risiede tanto nel livello didattico degli insegnanti, che invece ritengo elevato considerati gli standard europei, ma piuttosto nella situazione dei conservatori: corsi che partono in ritardo, continui problemi burocratici, troppe materie da seguire con relativi esami. La situazione non cambia neanche per il biennio, dove in teoria si dovrebbe essere preparati alla professione da un punto di vista ancora più pratico. Perlomeno mi riferisco all’esperienza che ho avuto io nel conservatorio della mia città natale, Roma. Ritengo che sia giusto voler paragonare il percorso di studi musicali in conservatorio a qualunque altro studio universitario, cosa che avviene normalmente in tutta Europa, ma studiare musica è ben differente da studiare matematica, architettura o filosofia: esso richiede un impegno giornaliero non indifferente sullo strumento, cosa che – per il modo in cui sono organizzati i corsi della riforma – non viene a mio avviso tenuta sufficientemente in considerazione. Per questo motivo ho deciso di seguire un biennio di specializzazione in Olanda, a Maastricht, con il maestro Carlo Marchione.
Qui non ho molte materie complementari, pochi esami da dare e questo mi permette di concentrarmi sullo studio giornaliero e di prepararmi per concerti, concorsi, studiare altro repertorio con la dovuta calma e senza troppi problemi.

4. Che obbiettivi lavorativi vorresti raggiungere in futuro?

Chiaramente penso che un obbiettivo ragionevole possa essere quello di ottenere un posto fisso in una scuola, preferibilmente non privata: il mio sogno sarebbe quello di insegnare in un conservatorio italiano, ma il problema è che le assunzioni nel nostro paese sono tutte bloccate e mettersi in graduatoria vuol dire aspettare molti, troppi anni. E anche le tanto agognate scuole medie ad indirizzo musicale non mi convincono, poiché non credo permettano al docente di creare un percorso di qualità e difficilmente lasciano abbastanza spazio per la propria carriera personale (basti vedere il numero di giorni di permesso artistico che un insegnante può chiedere in anno). Personalmente credo che al giorno d’oggi l’estero possa riservare situazioni più semplici e dignitose per i giovani musicisti, vista anche la considerazione che si ha altrove per la musica: tutto questo però a caro prezzo, soprattutto per quelli che come me amerebbero poter vivere nella propria patria.

5. Che consiglio senti di dare ai giovani chitarristi come te che vogliono affrontare una carriera da concertista.?

Innanzitutto direi di non trascurare mai la qualità di quello che si fa. Purtroppo al giorno d’oggi siamo abituati a percepire le cose alla velocità della luce, ma per avere risultati soddisfacenti nello studio di uno strumento sono necessari tanta calma, concentrazione e forza di volontà. Altra cosa: cercate sempre di studiare con buoni maestri. Solo così possiamo percorrere ed essere guidati lungo un cammino di crescita musicalmente valido, e questo secondo me è il miglior biglietto da visita che si possa avere per il futuro. Personalmente non credo molto nel talento, penso che sia molto più fruttuoso un percorso di studio portato avanti con serietà – e anche con una sana dose di divertimento - giorno dopo giorno: solo con esso si gettano basi veramente solide per creare la propria carriera futura.
Un altro consiglio è quello di essere propositivi: suonare nella propria stanza può essere molto d’aiuto ma è quando si comunica con gli altri che si mostra il nostro vero valore. Ciò vuol dire di cercare il più possibile tutte quelle opportunità che facciano al proprio caso, senza temere troppo di non essere adeguatamente pronti, anche perché non lo si sarà mai al cento per cento (è anche questo il bello di essere musicisti): un po’ di audacia in fin dei conti non guasta mai.

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