5. La mensa tonographica: il sistema dei toni
Nel corso delle operazioni previste dal metodo della musurgia mirifica arriva un momento in cui il compositore deve trasformare le cifre delle tabelle in note che vanno poi riportate su un pentagramma, scegliendo contestualmente il tono di base e di conseguenza la coloritura espressiva del brano. La mensa tonographica risolve i problemi relativi a entrambe le incombenze: si tratta infatti di una tavola che espone il sistema delle scale utilizzabili nella musurgia mirifica cifrate con i consueti numeri harmonici unitamente ad una stringata descrizione "affettiva". Purtroppo la mensa tonographica riserva allo studioso alcune brutte sorprese in quanto presenta diversi errori:[5] ci viene fortunatamente in soccorso un discepolo di Kircher molto più diligente e preciso: Caspar Schott, che spesso nelle proprie opere ha emendato e spiegato le molte pagine errate, lacunose o farraginose del suo tanto più illustre maestro. Lo stesso Kircher ha però inserito qua e là nel testo diversi precetti che correggono le scale della mensa tonographica aggiungendo alcune opportune alterazioni: nonostante una facciata tradizionale Kircher esibisce infatti in questo contesto dodici scale riconducibili ad una bipolarità fra modo maggiore e modo minore (armonico). La cornice d'insieme è però tradizionale: riecheggiando Glareano Kircher afferma che la mensa tonographica «nihil aliud est, quam 12 Tonorum iuxta 7 diapason species in columnis unicuique tono proprijs, secundum numeros suos harmonicos repraesentatio». Ciascun tono è designato inoltre con il nome dell'antica terminologia: convivono qui mescolate un'arcaica speculazione sugli effetti della musica e sugli «affetti» dei toni ed una progressiva affermazione della tonalità, in un ibrido in cui un certo bagaglio culturale del passato, pur non avendo più alcun peso, non viene ancora abbandonato. Dopo tutte le varie correzioni del caso si ottiene un sistema di dodici toni così articolato:
1. Dorius durus - RE (minore armonica)
2. Hypodorius mollis - SOL (minore armonica)
3. Phrygius durus - LA (minore armonica)
4. Hypophrygius durus - MI (minore armonica)
5. Lydius mollis - SIb (maggiore)
6. Hypolydius mollis - FA (maggiore)
7. Mixolydius durus - SOL (maggiore)
8. Hypomixolydius mollis - DO (maggiore)
9. Ionius mollis - RE (minore armonica)
10. Hypoionius durus - LA (minore armonica)
11. Iastius durus - DO (maggiore)
12. Hypoiastius mollis - FA (maggiore)
In definitiva abbiamo quattro scale maggiori (Do Sol Fa Sib) e le loro relative minori (La Mi Re Sol).
6. Contrapunctus simplex: esempio pratico
Vediamo in un esempio pratico come i tre centri motori della tecnica compositiva kircheriana (testo, musarithmi e notae metrometrae) interagiscano per condurre al risultato finale. Seguiamo Kircher che ha deciso di utilizzare per il suo primo esempio pratico il Veni Creator Spiritus, il noto inno di Rabano Mauro (morto nell'856), isolandone i primi quattro versi:
Veni Creator Spiritus
Mentes tuorum visita
Imple superna gratia
Quae tu creasti pectora
Per prima cosa è necessario scegliere il tono di impianto della composizione in base al contenuto affettivo del testo. Sarà particolarmente appropriato il tono sesto Hypolydius: impostato sul Fa, con signatio mollis, cioè con il Si bemolle, è indubitabilmente una scala di Fa maggiore. Secondo Kircher tale tono bene illustra lo spirito del testo di Rabano, caratterizzato da «spem & fiduciam in divina misericordia». Scelto il tono il compositore dovrà trascrivere la colonna della mensa tonographica relativa ad esso, accostando le lettere alle cifre:
8 = Fa
7 = Mi
6 = Re
5 = Do
4 = Si (bemolle per via della signatio mollis)
3 = La
2 = Sol
1 = Fa
Bisogna poi preparare il palimpsestus phonotacticus, vale a dire un sistema di quattro pentagrammi (per le quattro voci) con le chiavi musicali appropriate. Quindi il compositore deve far riferimento ad uno specifico pinax dal quale ricavare le note che dovranno poi essere trascritte. Egli deve scegliere il pinax (o tabella melotactica) adeguato alla struttura metrica, cioè al numero di sillabe e alla quantità della penultima sillaba del verso: lo soccorrono in questo caso le nozioni esposte nella Pars II de Musurgia Poetica. Nell'esempio in questione si constata rapidamente che si tratta di un octosyllabum con penultima sillaba breve (ovvero sdrucciolo) cui è relativo il Pinax VI. Procediamo con le operazioni: scegliamo dal pinax quattro musarithmi per musicare i primi quattro versi del testo:
55555555 33334334 33287667 54328878
77778778 88888888 88235545 86543523
22233223 55566556 33482222 34568555
55538558 88864884 88765225 82346558
Ora rimane ancora da decidere se la scansione del tempo debba essere binaria o ternaria, quindi si dovrà operare una selezione fra le notae metrometrae all'interno della tabella scelta. Ormai le cose sono molto semplici, in quanto rimangono da compiere unicamente azioni meccaniche e ripetitive: dopo aver diviso il testo in sillabe si dovrà assegnare ad ognuna di esse un numerus harmonicus ed una nota metrometra, quindi trascrivere il tutto per ottenere l'armonizzazione (corrispondente).
7. Le basi materiali del contrapunctus simplex
Al contrapunctus simplex è dedicato come abbiamo visto il Syntagma I. Abbiamo 11 tabelle di musarithmi, che ospitano complessivamente 536 sequenze. Le tabelle possono essere divise in tre gruppi distinti: vediamoli. Consideriamo in primo luogo i pinaces dal numero 4 al numero 11 compresi: è il gruppo numericamente più consistente (356 sequenze). Si tratta del gruppo di musarithmi il cui utilizzo è più meccanico, semplice ed intuitivo, non richiedendo grosse scelte da parte del compositore. Le procedure compositive corrispondono a quelle descritte in precedenza al punto 6. Ogni pinax serve a musicare un solo tipo di verso e ogni musarithmus serve a musicare un singolo verso completo. All'interno di ogni pinax i musarithmi sono divisi in quattro gruppi disposti su quattro colonne: musarithmi per il primo, secondo, terzo e quarto verso di ogni strofa, questo supponendo che il brano sia in quartine: in caso contrario i musarithmi per il primo ed il quarto verso andranno utilizzati per il verso iniziale e quello finale della strofa, mentre i musarithmi per il terzo e quarto verso saranno utilizzati per tutti i versi intermedi. Il compositore si trova di fronte a scelte obbligate, dettate solo dal testo che si è proposto di musicare. A proprio piacere egli può solo scegliere quali sequenze di notae metrometrae utilizzare. Capiremo fra breve il criterio di ripartizione delle sequenze nei quattro gruppi. Esaminiamo pertanto il pinax 3: qui troviamo 80 sequenze preparate per il verso adonium, equamente divise in due gruppi di 40 sequenze ciascuno, dedicate all'adonium pentasyllabum (accenti tonici su prima e quarta sillaba) e adonium dactylicum (sei sillabe, accenti tonici su prima e quarta). Ogni musarithmus serve a musicare un singolo verso completo, ma in questo caso le quattro colonne di musarithmi non sono diversificate per i versi iniziali, intermedi e finali delle strofe. Cionondimeno è opportuno che il compositore per evitare una certa monotonia dell'andamento armonico effettui una scelta all'interno di questo insieme, scelta dettata pur sempre dalla posizione del verso da musicare all'interno della strofa. I musarithmi per versi iniziali, finali o intermedi andranno discriminati in base al movimento cadenzale del basso di ciascun musarithmus. Movimenti conclusivi del basso come 51 (ovvero da dominante a tonica, in termini moderni) o 41 devono essere usati solo per i versi iniziali e finali (41 rigorosamente solo per i versi finali); per i versi intermedi Kircher suggerisce di usare moti cadenzali del basso come 25, 65 oppure 73. Ritorniamo per un momento al gruppo di pinaces esaminati in precedenza: dopo alcuni conteggi è facile constatare che in quel caso la scelta del musarithmus più adatto, qui affidata alla discrezionalità del compositore, è stata compiuta a priori da Kircher. In altre parole le colonne di musarithmi per il primo e quarto verso concludono quasi tutti su una cadenza 51 oppure 41; nelle due colonne intermedie le cadenze sono assai più varie: 25, 14, 73, 45, 15. Il terzo gruppo è costituito dalle tabelle 1 e 2, ciascuna con 50 diverse sequenze. Si richiede un ulteriore salto di qualità alla competenza del compositore, perché le procedure operative cambiano: ci troviamo qui nell'ambito di quello che Kircher chiama «processus per distincta membra». I musarithmi esposti in queste tabelle non possono essere utilizzati per musicare interi versi: si tratta infatti di sequenze composte da due, tre, quattro, cinque e sei accordi che vanno utilizzate per musicare frammenti di versi composti da due, tre, quattro, cinque, sei sillabe. L'assemblaggio di questi segmenti condurrà poi alla sequenza completa per ogni singolo verso. I pinaces sono due: musarithmi per frammenti con la penultima sillaba accentata (pinax 1) oppure atona (pinax 2). Il verso può essere scomposto in qualsiasi modo, spezzando anche le parole in sillabe. La sillaba da considerare per la scelta del pinax è ovviamente la penultima del frammento e non la penultima del verso considerato nella sua integrità. Qui il compositore gode della massima libertà di scomporre e assemblare frammenti come meglio crede: le possibilità combinatorie sono incrementate a dismisura. Inoltre si evita la costrizione di utilizzare sequenze troppo lunghe e spesso alla lunga riconoscibili che è difficile se non impossibile variare in modo efficace. In questo caso Kircher non fornisce alcuna regola operativa, eccezion fatta per alcune raccomandazioni sul moto cadenzale simili a quelle che già abbiamo esposto, che mirano a evitare una condotta monotona o al contrario incoerente. Non è questa certo la sede per condurre un discorso approfondito (che comunque merita di essere compiuto) in merito alle strutture musicali presenti nelle tabelle melotacticae: tuttavia vorrei aggiungere ancora alcune brevi considerazioni a mo' di primo approccio. Le sequenze esposte da Kircher nel primo syntagma presentano 3976 accordi organizzati in 536 sequenze: le ripetizioni sono minime, perché vi sono ben 270 diversi modelli di musarithmus. Cionondimeno si riconoscono pattern cui assimilare più sequenze diverse, ovvero si intuisce l'esistenza di metodi generativi che hanno permesso a Kircher di partire da sequenze brevi per giungere a sequenze più lunghe ma strutturalmente imparentate con le prime. Ritengo che la descrizione di un processo di dilatazione e ampliamento del materiale musicale potrebbe disvelare interessanti realtà in merito alla grammatica della frase musicale, con implicazioni che non si limiterebbero solo al dato kircheriano ma lo travalicherebbero per illuminare almeno in una certa misura il lavoro del compositore barocco. Veniamo brevemente al dato musicale: va detto che ogni valutazione armonica all'interno della musurgia mirifica è una interpretazione che giunge dall'esterno e non ha alcun riscontro nella sostanza dell'universo teorico del nostro autore anche se viene suffragata in modo palese e irrefutabile dalla concretezza dell'esempio musicale. Siamo senza dubbio di fronte ad una testimonianza di quel momento della moderna sintassi armonica definita «nascente» da Bukofzer, nel quale la pratica musicale sopravanzava e stravolgeva per i propri fini i risultati di ampie frange di letteratura teorica ancora legata ad antiche fonti e lungi dallo svecchiarsi. Ciononostante, viene da pensare (ma è una mia illazione che mi è impossibile dimostrare allo stato attuale degli studi) che gli esempi musicali all'interno della musurgia mirifica e di alcune parti della Musurgia Universalis siano state revisionate o addirittura realizzate da musicisti professionisti più al passo coi tempi: Athanasius Kircher, che ancora parlava del sistema dei toni in termini di modalità e di qualitas tonorum e che ben difficilmente avrebbe potuto realizzare le musiche inserite nella sua opera senza essere un minimo consapevole di quel che faceva, forse non ne comprese le novità. Il movimento omoritmico delle quattro voci presenta una sistemazione che non potrebbe essere più di così placidamente e palesemente tonale: la triade è la cifra di tutto l'insieme.[6] Le quattro note dei musarithmi sono costruite sulle tre note della triade con il raddoppio di una di esse. Gli unici gruppi costituiti da quattro suoni diversi sono i due accordi di settima costruiti sul quinto grado che sale al primo e sul secondo che passa al quinto; non esiste neppure la possibilità di avere accordi alterati. Il movimento è quello del corale, con pause alla fine di ogni verso e preponderanza assoluta della dimensione armonica su quella melodica anche a causa dell'omoritmia delle parti. La dimensione tonale dell'insieme è confermata da una breve considerazione dei moti cadenzali delle sequenze di musarithmi: prevalgono in massa le cadenze con salto di quinta discendente (o quarta ascendente): V-I (questa è la più usata: 282 volte su 536), II-V, VII-III; piuttosto utilizzata la cadenza plagale IV-I. Una differenza emerge fra i musarithmi per versi piani e i musarithmi per versi sdruccioli: nei primi l'accordo cadenzante (ad esempio la triade sul V grado nella cadenza perfetta) cade sulla penultima nota; nel caso delle sequenze per versi sdruccioli invece l'accordo cadenzante giunge già sulla terzultima (la nota su tempo forte), viene ribattuto sulla penultima per risolvere quindi sull'accordo finale. Le notae metrometrae sono a mio parere il vero punto di forza della musurgia mirifica così come Kircher l'ha elaborata: proprio l'avere introdotto una grande varietà ritmica consente di eliminare una buona parte dei rischi di monotonia e ripetitività che un metodo di composizione come questo porta inevitabilmente con sé, e separa radicalmente il progetto di Kircher dai tentativi successivi elaborati per esempio da Johann Philipp Kirnberger, Carl Philipp Emanuel Bach e addirittura Wolfgang Amadeus Mozart, ma anche da Mersenne. Sono tentativi che Scharlau definisce giustamente «poco seri»: nulla a che spartire con la varietà consentita dalla musurgia mirifica.
NOTE AL TESTO
5] Se si considerano infatti le colonne di cifre, si vede come il Dorius compaia non una ma due volte, come primo tono impostato sul Re (signatio dura) e come ottavo tono impostato sul Do (stessa signatio); di conseguenza il tono ottavo ha due versioni, una come Hypomixolydius con signatio mollis (impostato anch'esso sul Do) ed una appunto come Dorius, con la stessa estensione dell'Hypomixolydius ma con signatio dura, quindi col Si naturale.
[6] Peraltro Kircher non fa mai cenno alla triade. Il concetto avrebbe potuto interessarlo molto, non solo sul piano tecnico-musicale ma anche, ancor di più, su quello simbolico, per tutti i significati che in campo religioso o esoterico il numero tre può assumere. La triade veniva infatti identificata con la Trinità: cfr. Rolf Dammann, Der Musikbegriff im deutschen Barock, Köln, Volk-Gerig, 1967 (2° ed., Laeber-Verlag, 1984), p. 40 e sgg.
Per ulteriori approfondimenti relativi agli studi di Carlo Mario Chierotti sulla figura e l'opera di Anasthasius Kircher vedasi
http://www.chierotti.net/
Nel corso delle operazioni previste dal metodo della musurgia mirifica arriva un momento in cui il compositore deve trasformare le cifre delle tabelle in note che vanno poi riportate su un pentagramma, scegliendo contestualmente il tono di base e di conseguenza la coloritura espressiva del brano. La mensa tonographica risolve i problemi relativi a entrambe le incombenze: si tratta infatti di una tavola che espone il sistema delle scale utilizzabili nella musurgia mirifica cifrate con i consueti numeri harmonici unitamente ad una stringata descrizione "affettiva". Purtroppo la mensa tonographica riserva allo studioso alcune brutte sorprese in quanto presenta diversi errori:[5] ci viene fortunatamente in soccorso un discepolo di Kircher molto più diligente e preciso: Caspar Schott, che spesso nelle proprie opere ha emendato e spiegato le molte pagine errate, lacunose o farraginose del suo tanto più illustre maestro. Lo stesso Kircher ha però inserito qua e là nel testo diversi precetti che correggono le scale della mensa tonographica aggiungendo alcune opportune alterazioni: nonostante una facciata tradizionale Kircher esibisce infatti in questo contesto dodici scale riconducibili ad una bipolarità fra modo maggiore e modo minore (armonico). La cornice d'insieme è però tradizionale: riecheggiando Glareano Kircher afferma che la mensa tonographica «nihil aliud est, quam 12 Tonorum iuxta 7 diapason species in columnis unicuique tono proprijs, secundum numeros suos harmonicos repraesentatio». Ciascun tono è designato inoltre con il nome dell'antica terminologia: convivono qui mescolate un'arcaica speculazione sugli effetti della musica e sugli «affetti» dei toni ed una progressiva affermazione della tonalità, in un ibrido in cui un certo bagaglio culturale del passato, pur non avendo più alcun peso, non viene ancora abbandonato. Dopo tutte le varie correzioni del caso si ottiene un sistema di dodici toni così articolato:
1. Dorius durus - RE (minore armonica)
2. Hypodorius mollis - SOL (minore armonica)
3. Phrygius durus - LA (minore armonica)
4. Hypophrygius durus - MI (minore armonica)
5. Lydius mollis - SIb (maggiore)
6. Hypolydius mollis - FA (maggiore)
7. Mixolydius durus - SOL (maggiore)
8. Hypomixolydius mollis - DO (maggiore)
9. Ionius mollis - RE (minore armonica)
10. Hypoionius durus - LA (minore armonica)
11. Iastius durus - DO (maggiore)
12. Hypoiastius mollis - FA (maggiore)
In definitiva abbiamo quattro scale maggiori (Do Sol Fa Sib) e le loro relative minori (La Mi Re Sol).
6. Contrapunctus simplex: esempio pratico
Vediamo in un esempio pratico come i tre centri motori della tecnica compositiva kircheriana (testo, musarithmi e notae metrometrae) interagiscano per condurre al risultato finale. Seguiamo Kircher che ha deciso di utilizzare per il suo primo esempio pratico il Veni Creator Spiritus, il noto inno di Rabano Mauro (morto nell'856), isolandone i primi quattro versi:
Veni Creator Spiritus
Mentes tuorum visita
Imple superna gratia
Quae tu creasti pectora
Per prima cosa è necessario scegliere il tono di impianto della composizione in base al contenuto affettivo del testo. Sarà particolarmente appropriato il tono sesto Hypolydius: impostato sul Fa, con signatio mollis, cioè con il Si bemolle, è indubitabilmente una scala di Fa maggiore. Secondo Kircher tale tono bene illustra lo spirito del testo di Rabano, caratterizzato da «spem & fiduciam in divina misericordia». Scelto il tono il compositore dovrà trascrivere la colonna della mensa tonographica relativa ad esso, accostando le lettere alle cifre:
8 = Fa
7 = Mi
6 = Re
5 = Do
4 = Si (bemolle per via della signatio mollis)
3 = La
2 = Sol
1 = Fa
Bisogna poi preparare il palimpsestus phonotacticus, vale a dire un sistema di quattro pentagrammi (per le quattro voci) con le chiavi musicali appropriate. Quindi il compositore deve far riferimento ad uno specifico pinax dal quale ricavare le note che dovranno poi essere trascritte. Egli deve scegliere il pinax (o tabella melotactica) adeguato alla struttura metrica, cioè al numero di sillabe e alla quantità della penultima sillaba del verso: lo soccorrono in questo caso le nozioni esposte nella Pars II de Musurgia Poetica. Nell'esempio in questione si constata rapidamente che si tratta di un octosyllabum con penultima sillaba breve (ovvero sdrucciolo) cui è relativo il Pinax VI. Procediamo con le operazioni: scegliamo dal pinax quattro musarithmi per musicare i primi quattro versi del testo:
55555555 33334334 33287667 54328878
77778778 88888888 88235545 86543523
22233223 55566556 33482222 34568555
55538558 88864884 88765225 82346558
Ora rimane ancora da decidere se la scansione del tempo debba essere binaria o ternaria, quindi si dovrà operare una selezione fra le notae metrometrae all'interno della tabella scelta. Ormai le cose sono molto semplici, in quanto rimangono da compiere unicamente azioni meccaniche e ripetitive: dopo aver diviso il testo in sillabe si dovrà assegnare ad ognuna di esse un numerus harmonicus ed una nota metrometra, quindi trascrivere il tutto per ottenere l'armonizzazione (corrispondente).
7. Le basi materiali del contrapunctus simplex
Al contrapunctus simplex è dedicato come abbiamo visto il Syntagma I. Abbiamo 11 tabelle di musarithmi, che ospitano complessivamente 536 sequenze. Le tabelle possono essere divise in tre gruppi distinti: vediamoli. Consideriamo in primo luogo i pinaces dal numero 4 al numero 11 compresi: è il gruppo numericamente più consistente (356 sequenze). Si tratta del gruppo di musarithmi il cui utilizzo è più meccanico, semplice ed intuitivo, non richiedendo grosse scelte da parte del compositore. Le procedure compositive corrispondono a quelle descritte in precedenza al punto 6. Ogni pinax serve a musicare un solo tipo di verso e ogni musarithmus serve a musicare un singolo verso completo. All'interno di ogni pinax i musarithmi sono divisi in quattro gruppi disposti su quattro colonne: musarithmi per il primo, secondo, terzo e quarto verso di ogni strofa, questo supponendo che il brano sia in quartine: in caso contrario i musarithmi per il primo ed il quarto verso andranno utilizzati per il verso iniziale e quello finale della strofa, mentre i musarithmi per il terzo e quarto verso saranno utilizzati per tutti i versi intermedi. Il compositore si trova di fronte a scelte obbligate, dettate solo dal testo che si è proposto di musicare. A proprio piacere egli può solo scegliere quali sequenze di notae metrometrae utilizzare. Capiremo fra breve il criterio di ripartizione delle sequenze nei quattro gruppi. Esaminiamo pertanto il pinax 3: qui troviamo 80 sequenze preparate per il verso adonium, equamente divise in due gruppi di 40 sequenze ciascuno, dedicate all'adonium pentasyllabum (accenti tonici su prima e quarta sillaba) e adonium dactylicum (sei sillabe, accenti tonici su prima e quarta). Ogni musarithmus serve a musicare un singolo verso completo, ma in questo caso le quattro colonne di musarithmi non sono diversificate per i versi iniziali, intermedi e finali delle strofe. Cionondimeno è opportuno che il compositore per evitare una certa monotonia dell'andamento armonico effettui una scelta all'interno di questo insieme, scelta dettata pur sempre dalla posizione del verso da musicare all'interno della strofa. I musarithmi per versi iniziali, finali o intermedi andranno discriminati in base al movimento cadenzale del basso di ciascun musarithmus. Movimenti conclusivi del basso come 51 (ovvero da dominante a tonica, in termini moderni) o 41 devono essere usati solo per i versi iniziali e finali (41 rigorosamente solo per i versi finali); per i versi intermedi Kircher suggerisce di usare moti cadenzali del basso come 25, 65 oppure 73. Ritorniamo per un momento al gruppo di pinaces esaminati in precedenza: dopo alcuni conteggi è facile constatare che in quel caso la scelta del musarithmus più adatto, qui affidata alla discrezionalità del compositore, è stata compiuta a priori da Kircher. In altre parole le colonne di musarithmi per il primo e quarto verso concludono quasi tutti su una cadenza 51 oppure 41; nelle due colonne intermedie le cadenze sono assai più varie: 25, 14, 73, 45, 15. Il terzo gruppo è costituito dalle tabelle 1 e 2, ciascuna con 50 diverse sequenze. Si richiede un ulteriore salto di qualità alla competenza del compositore, perché le procedure operative cambiano: ci troviamo qui nell'ambito di quello che Kircher chiama «processus per distincta membra». I musarithmi esposti in queste tabelle non possono essere utilizzati per musicare interi versi: si tratta infatti di sequenze composte da due, tre, quattro, cinque e sei accordi che vanno utilizzate per musicare frammenti di versi composti da due, tre, quattro, cinque, sei sillabe. L'assemblaggio di questi segmenti condurrà poi alla sequenza completa per ogni singolo verso. I pinaces sono due: musarithmi per frammenti con la penultima sillaba accentata (pinax 1) oppure atona (pinax 2). Il verso può essere scomposto in qualsiasi modo, spezzando anche le parole in sillabe. La sillaba da considerare per la scelta del pinax è ovviamente la penultima del frammento e non la penultima del verso considerato nella sua integrità. Qui il compositore gode della massima libertà di scomporre e assemblare frammenti come meglio crede: le possibilità combinatorie sono incrementate a dismisura. Inoltre si evita la costrizione di utilizzare sequenze troppo lunghe e spesso alla lunga riconoscibili che è difficile se non impossibile variare in modo efficace. In questo caso Kircher non fornisce alcuna regola operativa, eccezion fatta per alcune raccomandazioni sul moto cadenzale simili a quelle che già abbiamo esposto, che mirano a evitare una condotta monotona o al contrario incoerente. Non è questa certo la sede per condurre un discorso approfondito (che comunque merita di essere compiuto) in merito alle strutture musicali presenti nelle tabelle melotacticae: tuttavia vorrei aggiungere ancora alcune brevi considerazioni a mo' di primo approccio. Le sequenze esposte da Kircher nel primo syntagma presentano 3976 accordi organizzati in 536 sequenze: le ripetizioni sono minime, perché vi sono ben 270 diversi modelli di musarithmus. Cionondimeno si riconoscono pattern cui assimilare più sequenze diverse, ovvero si intuisce l'esistenza di metodi generativi che hanno permesso a Kircher di partire da sequenze brevi per giungere a sequenze più lunghe ma strutturalmente imparentate con le prime. Ritengo che la descrizione di un processo di dilatazione e ampliamento del materiale musicale potrebbe disvelare interessanti realtà in merito alla grammatica della frase musicale, con implicazioni che non si limiterebbero solo al dato kircheriano ma lo travalicherebbero per illuminare almeno in una certa misura il lavoro del compositore barocco. Veniamo brevemente al dato musicale: va detto che ogni valutazione armonica all'interno della musurgia mirifica è una interpretazione che giunge dall'esterno e non ha alcun riscontro nella sostanza dell'universo teorico del nostro autore anche se viene suffragata in modo palese e irrefutabile dalla concretezza dell'esempio musicale. Siamo senza dubbio di fronte ad una testimonianza di quel momento della moderna sintassi armonica definita «nascente» da Bukofzer, nel quale la pratica musicale sopravanzava e stravolgeva per i propri fini i risultati di ampie frange di letteratura teorica ancora legata ad antiche fonti e lungi dallo svecchiarsi. Ciononostante, viene da pensare (ma è una mia illazione che mi è impossibile dimostrare allo stato attuale degli studi) che gli esempi musicali all'interno della musurgia mirifica e di alcune parti della Musurgia Universalis siano state revisionate o addirittura realizzate da musicisti professionisti più al passo coi tempi: Athanasius Kircher, che ancora parlava del sistema dei toni in termini di modalità e di qualitas tonorum e che ben difficilmente avrebbe potuto realizzare le musiche inserite nella sua opera senza essere un minimo consapevole di quel che faceva, forse non ne comprese le novità. Il movimento omoritmico delle quattro voci presenta una sistemazione che non potrebbe essere più di così placidamente e palesemente tonale: la triade è la cifra di tutto l'insieme.[6] Le quattro note dei musarithmi sono costruite sulle tre note della triade con il raddoppio di una di esse. Gli unici gruppi costituiti da quattro suoni diversi sono i due accordi di settima costruiti sul quinto grado che sale al primo e sul secondo che passa al quinto; non esiste neppure la possibilità di avere accordi alterati. Il movimento è quello del corale, con pause alla fine di ogni verso e preponderanza assoluta della dimensione armonica su quella melodica anche a causa dell'omoritmia delle parti. La dimensione tonale dell'insieme è confermata da una breve considerazione dei moti cadenzali delle sequenze di musarithmi: prevalgono in massa le cadenze con salto di quinta discendente (o quarta ascendente): V-I (questa è la più usata: 282 volte su 536), II-V, VII-III; piuttosto utilizzata la cadenza plagale IV-I. Una differenza emerge fra i musarithmi per versi piani e i musarithmi per versi sdruccioli: nei primi l'accordo cadenzante (ad esempio la triade sul V grado nella cadenza perfetta) cade sulla penultima nota; nel caso delle sequenze per versi sdruccioli invece l'accordo cadenzante giunge già sulla terzultima (la nota su tempo forte), viene ribattuto sulla penultima per risolvere quindi sull'accordo finale. Le notae metrometrae sono a mio parere il vero punto di forza della musurgia mirifica così come Kircher l'ha elaborata: proprio l'avere introdotto una grande varietà ritmica consente di eliminare una buona parte dei rischi di monotonia e ripetitività che un metodo di composizione come questo porta inevitabilmente con sé, e separa radicalmente il progetto di Kircher dai tentativi successivi elaborati per esempio da Johann Philipp Kirnberger, Carl Philipp Emanuel Bach e addirittura Wolfgang Amadeus Mozart, ma anche da Mersenne. Sono tentativi che Scharlau definisce giustamente «poco seri»: nulla a che spartire con la varietà consentita dalla musurgia mirifica.
NOTE AL TESTO
5] Se si considerano infatti le colonne di cifre, si vede come il Dorius compaia non una ma due volte, come primo tono impostato sul Re (signatio dura) e come ottavo tono impostato sul Do (stessa signatio); di conseguenza il tono ottavo ha due versioni, una come Hypomixolydius con signatio mollis (impostato anch'esso sul Do) ed una appunto come Dorius, con la stessa estensione dell'Hypomixolydius ma con signatio dura, quindi col Si naturale.
[6] Peraltro Kircher non fa mai cenno alla triade. Il concetto avrebbe potuto interessarlo molto, non solo sul piano tecnico-musicale ma anche, ancor di più, su quello simbolico, per tutti i significati che in campo religioso o esoterico il numero tre può assumere. La triade veniva infatti identificata con la Trinità: cfr. Rolf Dammann, Der Musikbegriff im deutschen Barock, Köln, Volk-Gerig, 1967 (2° ed., Laeber-Verlag, 1984), p. 40 e sgg.
Per ulteriori approfondimenti relativi agli studi di Carlo Mario Chierotti sulla figura e l'opera di Anasthasius Kircher vedasi
http://www.chierotti.net/
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