La galassia tango non finirà mai di stupirmi. Tempo fa io ed un amico – noto interprete di tango – eravamo a cena con una comitiva di maestri di tango quasi tutti Italiani, quando uno di loro rivolse una critica al mio amico, sostenendo che, pur considerandolo un eccellente interprete, l’assenza del bandoneòn nel suo gruppo rendeva il tango una musica senza anima.
Senza perdere la calma il criticato musicista chiese a questo maestro di danza qual era la sua orchestra di tango preferita, “senza dubbio Carlos Di Sarli” rispose. Io e il mio amico ci guardiamo e scoppiamo a ridere davanti allo sgomento del maestro di tango, al quale io consigliai di ballare meno e ascoltare di più. Infatti, nell’orchestra del Maestro Carlos Di Sarli è noto che il bandoneòn passa quasi in incognito rispetto agli altri strumenti.1
Un contributo alla disinformazione sul tango appare in un libro pubblicato nel 2002, nel quale si sostiene che: ”… il bandoneòn… è l’unico strumento che viene sistematicamente nominato nelle canzoni [tango-canciòn]”(pag. 27)2, quasi come affermare che il mandolino sia l’unico strumento nominato nelle canzoni italiane.
Non posso negare la simbiosi esistente tra Tango e bandoneòn e senza dubbio questo è lo strumento che più lo rappresenta; anche La Cumparsita è il tango più rappresentativo della musica rioplatense ma sarebbe riduttivo pensare che tutti i tanghi hanno lo stile di Gerardo Matos Rodrìguez.
Affermo senza timore di sbagliare che il tango ha l’anima di bandoneòn, ma nel cuore una chitarra. La milonga, stile precursore del tango, nasce con la chitarra. Violino flauto e chitarra erano le prime formazioni strumentali del tango, in questi gruppi la funzione della chitarra era la sezione ritmica, che fu sostituita con il pianoforte grazie alla sua maggiore possibilità di conduzione orchestrale, lasciando l’uso della chitarra per un tango più intimista o per accompagnare l’interpretazione vocale3 .
L’evoluzione strumentale di un genere musicale viene condizionata anche dalla tecnologia e dai mezzi economici. Negli anni ’50 le orchestre di tango si sono dovute adeguare al mercato, trasformandosi in quintetti e a volte in celebri duetti, come Troilo e Grela (bandoneòn e chitarra) o Salgàn e De Lio (pianoforte e chitarra).
A prescindere dai fattori economici e stilistici, le sei corde sono sempre presenti nella galassia tango, sia in quello intimista che nella sua interpretazione vocale. Solo qualche esempio tra i cantanti: Agustìn Magaldi, Azucena Maizanes, Nelly Omar, Edmundo Rivero, Angel Villoldo, senza dimenticare le opere di Astor Piazzolla per chitarra: Cinco Piezas per chitarra o Histoire du Tango per Flauto e chitarra. Un esercizio interessante è dare un’occhiata all’iconografia del Libro di Horacio Ferrer “El libro del Tango Historia e imàgines” per capire quanto è forte la presenza della chitarra. Ma come diceva un’archeologa argentina: “chi non sa quello che cerca, non riesce ad interpretare quello che trova”, e io a volte dimentico che “iconografia” nel vecchio continente significa una coppia di ballerini e che, se un libro sul tango in una libreria di Montevideo o Buenos Aires lo troviamo nello scafale dedicato alla musica, a Roma o Bologna si trova in quello della danza.
Alcuni anni fa ho avuto un felice incontro con un libro: El Tango Nomade, Ensayos sobre la diaspora del tango,4 una raccolta di saggi curata da Ramòn Pelinski, (se qualche editore mi sta leggendo, questo è un libro da tradurre e pubblicare immediatamente in italiano). L’ultimo capitolo, scritto da Mario Paoletti, ha per titolo Borges y Gardel, due figure sicuramente distanti fra loro, ma che non possiamo non citare quando parliamo di tango e chitarra.
Senza perdere la calma il criticato musicista chiese a questo maestro di danza qual era la sua orchestra di tango preferita, “senza dubbio Carlos Di Sarli” rispose. Io e il mio amico ci guardiamo e scoppiamo a ridere davanti allo sgomento del maestro di tango, al quale io consigliai di ballare meno e ascoltare di più. Infatti, nell’orchestra del Maestro Carlos Di Sarli è noto che il bandoneòn passa quasi in incognito rispetto agli altri strumenti.1
Un contributo alla disinformazione sul tango appare in un libro pubblicato nel 2002, nel quale si sostiene che: ”… il bandoneòn… è l’unico strumento che viene sistematicamente nominato nelle canzoni [tango-canciòn]”(pag. 27)2, quasi come affermare che il mandolino sia l’unico strumento nominato nelle canzoni italiane.
Non posso negare la simbiosi esistente tra Tango e bandoneòn e senza dubbio questo è lo strumento che più lo rappresenta; anche La Cumparsita è il tango più rappresentativo della musica rioplatense ma sarebbe riduttivo pensare che tutti i tanghi hanno lo stile di Gerardo Matos Rodrìguez.
Affermo senza timore di sbagliare che il tango ha l’anima di bandoneòn, ma nel cuore una chitarra. La milonga, stile precursore del tango, nasce con la chitarra. Violino flauto e chitarra erano le prime formazioni strumentali del tango, in questi gruppi la funzione della chitarra era la sezione ritmica, che fu sostituita con il pianoforte grazie alla sua maggiore possibilità di conduzione orchestrale, lasciando l’uso della chitarra per un tango più intimista o per accompagnare l’interpretazione vocale3 .
L’evoluzione strumentale di un genere musicale viene condizionata anche dalla tecnologia e dai mezzi economici. Negli anni ’50 le orchestre di tango si sono dovute adeguare al mercato, trasformandosi in quintetti e a volte in celebri duetti, come Troilo e Grela (bandoneòn e chitarra) o Salgàn e De Lio (pianoforte e chitarra).
A prescindere dai fattori economici e stilistici, le sei corde sono sempre presenti nella galassia tango, sia in quello intimista che nella sua interpretazione vocale. Solo qualche esempio tra i cantanti: Agustìn Magaldi, Azucena Maizanes, Nelly Omar, Edmundo Rivero, Angel Villoldo, senza dimenticare le opere di Astor Piazzolla per chitarra: Cinco Piezas per chitarra o Histoire du Tango per Flauto e chitarra. Un esercizio interessante è dare un’occhiata all’iconografia del Libro di Horacio Ferrer “El libro del Tango Historia e imàgines” per capire quanto è forte la presenza della chitarra. Ma come diceva un’archeologa argentina: “chi non sa quello che cerca, non riesce ad interpretare quello che trova”, e io a volte dimentico che “iconografia” nel vecchio continente significa una coppia di ballerini e che, se un libro sul tango in una libreria di Montevideo o Buenos Aires lo troviamo nello scafale dedicato alla musica, a Roma o Bologna si trova in quello della danza.
Alcuni anni fa ho avuto un felice incontro con un libro: El Tango Nomade, Ensayos sobre la diaspora del tango,4 una raccolta di saggi curata da Ramòn Pelinski, (se qualche editore mi sta leggendo, questo è un libro da tradurre e pubblicare immediatamente in italiano). L’ultimo capitolo, scritto da Mario Paoletti, ha per titolo Borges y Gardel, due figure sicuramente distanti fra loro, ma che non possiamo non citare quando parliamo di tango e chitarra.
1 Luis Adolfo Sierra. Historia de la Orquesta Tipica. Evoluciòn Instrumental del Tango. Peña Lillo Editor. Buenos Aires 1976. Vedere a pag. 99 Carlos Di Sarli, Un tango Distinguido
2 Alfredeo Liberatore. Tango Pagano Editore Napoli 2002
3 Horacio Ferrer. El Libro del Tango. Historia e Imàgenes. Ediciones Osorio-Vargas. Buenos Aires 1970. Vedere Tomo 1 pag 340
4 Ramòn Pelinski.El Tango nòmade. Ensayos Sobre la diàspora del Tango. Corregidor. Buenos Aires 2000
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