Con chi le piacerebbe suonare e chi le piacerebbe suonare? Quali sono i suoi prossimi progetti? Su cosa sta lavorando?
Ho da anni alcuni progetti ai quali lavoro in modo continuativo a prescindere dalla visibilità che in questo momento hanno nel mondo della chitarra, ma vivono di musica e resistono alle mode. Credo che essendo il "sentimento" e non il calcolo la cifra stilistica del mio essere musicista, ci sarà un momento in cui tutto quello che ho fatto e continuo a fare avrà il suo giusto peso e la sua giusta visibilità. Posso dire che in questi anni di navigazione ho incontrato molti musicisti alcuni più onesti altri molto meno, per mia natura so aspettare e lavorare con pazienza. Dopo trent'anni d'insegnamento continuativo esclusivamente in Conservatorio posso poter dire che ho elaborato, grazie a tutte le persone che ho incontrato in questo lungo tempo, un progetto che si sviluppa su un nuovo modo di rapportarsi con la chitarra e la musica, grazie anche alla mia esperienza di musicista estremamente varia e senza pregiudizi di fondo. Si chiama "Guitare actuelle" e non temo concorrenze sleali, in quanto mi appartiene ed è così intimamente legato alla mia cultura, alla mia sensibilità e al mio fare che non è copiabile. In questo senso mi sento una "stilista", ho il mio stile inconfondibile, la mia ricerca: amo insegnare, mi interessa e mi stimolano le persone che incontro e il rapporto che riusciamo a costruire nel rispetto della persona. Mi interessano sia i talenti che il loro contrario, la miglior soddisfazione nasce dal saper insegnare e trasmettere amore per la musica anche all'allievo meno dotato, perché sono le sue rinunce o le sue difficoltà che affinano la mia abilità oltre ad una mia disponibilità innata a svolgere questo mestiere. Da trent'anni pratico la didattica collettiva che non è lezione di gruppo, è un modo diverso di organizzare i rapporti e di mettere in relazione con la musica e lo strumento le persone che hanno capacità diverse e attitudini diverse. Inoltre con Guitare actuelle si vuole dare avvio ad una riflessione sulle possibilità di estensione delle pratiche strumentali - chitarra classica, chitarra acustica ed elettrica, chitarra jazz, ecc, - coinvolgendo anche altri strumenti affini quali liuto, arciliuto, mandolino, chitarra dell'800, dimostrando che la chitarra è uno strumento versatile, fonte di opportunità e che puntando su questa sua peculiarità si può essere non solo innovativi, ma conquistare attenzione nel mondo musicale.
Su questa intercambiabilità e nel saper suonare più di uno strumento ho costruito la mia carriera ed i gruppi che ho fondato. Dopo aver fondato l'Ensemble Antidogma Musica e diretto per vent'anni il Festival omonimo dedicato in prevalenza alla Musica contemporanea ora continuo con:
-il PPPianissimo Guitar Ensemble formazione con più chitarre con la quale da due anni abbiamo uno scambio con il Conservatoire de Musique di Ginevra con la classe di Alessio Nebiolo ed il Conservatorio "Vivaldi" di Alessandria
-il quartetto di chitarre FFFortissimo Guitar Ensemble cui partecipa Pino Russo noto jazzista.
-il duo con Alessio Nebiolo con brani inediti dei primi '900 legati ai fratelli Carosio compositori alessandrini della Belle Epoque che hanno scritto moltissimi brani per chitarra, 2 chitarre, chitarra e mandolino (alterno la chitarra ed il mandolino in concerto) in un concerto multimediale con proiezioni di filmati d'epoca che ha riscosso molto successo sia in Francia che in Italia.
- il "Concerto delle Dame" una formazione al femminile, che si occupa di rari ed inediti del '700 italiano per mandolino/chitarra, flauto, clavicembalo e voce con esecuzione principalmente su strumenti originali e copie d'epoca.
Ultima domanda, proviamo a voltare verso la musica le tre domande di J.P.Sartre verso la letteratura: Perché si fa musica? E ancora: qual è il posto di chi fa musica nella società contemporanea? In quale misura la musica può contribuire all’evoluzione di questa società?
La musica è un linguaggio non verbale, ma è un linguaggio e come tale è adoperato da sempre dall'umanità. Prima di affrontare chi fa musica, per chi e a che scopo bisogna riflettere su un fatto essenziale la musica è diventata anche nell'ambito della cultura quella con la C maiuscola "oggetto" e come tutti gli oggetti è messo in vendita , acquistato ed usato. Dall'altra parte anche quadri o statue di grandi artisti, libri antichi e moderni sono oggetti che vengono messi in vendita. Il processo che li trasporta dal mondo puro delle idee al grande mercato allestito dall'intera umanità nel corso della storia appare un fatto così legato alla natura stessa del loro essere oggetto - anche se d'arte - che non ci si pone nemmeno il problema se ciò possa svilire in qualche modo la loro natura "artistica". Sembra invece che la musica vista sotto questa prospettiva decada dal mondo dell'arte a quello più basso del consumo, anzi consumo di massa.
"Il mondo della musica si è focalizzato sulla lucidatura maniacale di una vetrina di capolavori.
Per formare il pubblico di domani le istituzioni musicali dovrebbero rafforzare il loro impegno per la costruzione di ponti inaspettati tra generi diversi.
C'è una nozione che va decisamente respinta: quella che vede nella musica classica una fonte sicura di bellezza consolatoria - qualcosa come uno spa treatment, un trattamento rigenerante per anime stanche. Atteggiamenti del genere offendono non solo i compositori del XX secolo, ma anche i classici che si pretende di amare. Immagino l'ira di Beethoven, se qualcuno gli avesse detto che un giorno la sua musica sarebbe stata diffusa nelle stazioni ferroviarie per sedare i pendolari e allontanare i delinquenti. Familiarizzarsi con compositori quali Berg e Ligeti porta a scoprire nuove dimensioni anche in Mozart e in Beethoven: e ciò vale sia per il pubblico che per gli esecutori. Per troppo tempo abbiamo rinchiuso i maestri classici in una gabbia d'oro; è venuto il momento di aprirla.
ALEX ROSS (Traduzione di Elisabetta Horvat) © Alex Ross/Guardian News & Media Ltd
In un interessante libro di Philip Tagg Popular Music, viene infatti sottolineato, tra le varie analisi a cui la "musica" viene sottoposta, "che la prima cosa che salta agli occhi scorrendo l'indice del volume è il fatto che ci si occupa di repertori musicali che ben di rado vengono seriamente affrontati in ambito musicologico. Si tratta di quelle musiche che, diffuse attraverso dischi, la radio, il cinema e la televisione, usate per sonorizzare ambienti di ogni tipo, suonate in discoteca e in grandi concerti nelle piazze e negli stadi di mezzo mondo, con i loro suoni riempiono gran parte della nostra vita quotidiana." E' il rock, la disco music, la musica leggera, ecc è la" popular music" di cui "musica popolare" che ne sembrerebbe la traduzione più logica possiede connotazioni di eticità, di oralità, di cultura rurale e di epoca pre-industriale che ben poco hanno a che fare con l'idea di "popolar music" che invece è legata alle idee di internazionalismo, di mass media, di metropoli, di tecnologia e di modernità. L'analisi musicologia della popular music s'intreccia con un secondo interesse che è quello della comunicazione musicale. La musica ha infatti assunto una grandissima rilevanza sociale e culturale nella nostra vita. Ora questi recenti sviluppi delle attività musicali non sono stati controbilanciati da corrispondenti studi musicali - scuole, università, istituti di ricerca, conservatori- e questo ha creato vari tipi di problemi. Philipp Tagg, non vuole che lo studio della musica sia relegato come un'attività fine a se stessa ma cerca di portare avanti una ricerca che abbia una qualche utilità sociale rivolgendosi esplicitamente anche ad educatori, insegnanti perché bisogna occuparsi ed affrontare le attività musicali mass-mediatiche e coinvolgere in questo anche sociologi, antropologi che si occupano della nostra società e della nostra cultura. La musica alla pari degli altri mezzi di comunicazione è una forma di conoscenza che partecipa attivamente alla strutturazione dei valori, delle visioni del mondo, dei modelli di vita che caratterizzano la nostra cultura e società. Questo è l'aspetto "politico" che oggi si sottovaluta specie negli ambienti accademici e la gran colpa della mancata "evoluzione" della società odierna è proprio frutto di questa miopia che non fornisce gli strumenti critici per comprendere e giudicare la valenza ideologica dei messaggi musicali a cui spesso siamo sottoposti anche contro la nostra volontà. Ovviamente lo studioso Tagg è stato sempre molto osteggiato, i suoi studi in tale direzione iniziano negli anni '70 e come si può osservare, forse solo il jazz comincia a farsi strada faticosamente in Conservatorio. Esiste sempre la terribile missione di dover "alfabetizzare" non solo chi si occupa di musica diversa da quella classica ma di imporre un modello musicale universale, sostenendo che la musica è un linguaggio universale. Gli stessi suoni significano la stessa cosa per persone diverse in qualunque condizione, tempo luogo e cultura?
Dora Filippone
1 commento:
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