Empedocle70: Ho due passioni: la musica e le arti marziali, pratico aikido ormai da 17 anni e mi è sempre piaciuto confrontare le due cose e cercare di capire i punti in comune e come mai mi interessassero entrambe così tanto. Qualche tempo fa nel dojo facevamo delle considerazioni sul perché si commettano degli errori durante le esecuzioni delle tecniche, durante un esame o peggio durante un combattimento. La risposta (di tipo generalista) era “carenza di preparazione” e facevamo un confronto su come un musicista deve prepararsi per un concerto. Perché l’errore? Carenze di preparazione tecnica (poco allenamento, poca ripetizione dei fondamentali, carenza fisica) o carenza di preparazione mentale (poca concentrazione, trascuratezza nell’analisi del testo) o qualcosa altro ancora (poca maturità, poca “intenzione”). Tenendo conto delle differenze (un musicista può uscire da un concerto fischiato, un marzialista col naso rotto o peggio) ci possono essere delle similitudini tra le due cose? Uno stress emotivo intenso in una situazione temporalmente chiusa?
Christian Agrillo: Le difficoltà legate all’esecuzione concertistica sono molto simili sul piano cognitivo a quelle incontrate da uno sportivo durante un evento agonistico. La musica, come lo sport, è basata sulla realizzazione hic et nunc del proprio prodotto, senza che vi sia una correlazione biunivoca tra la prestazione finale e lo sforzo effettuato nei mesi che precedono l’evento (sia esso un concerto od una gara).
La musica e sport, infatti, richiedono entrambe la realizzazione di movimenti fini - rodati ed appresi in precedenza – in un contesto ad alto contenuto emotivo. A volte i campi sembrano persino scambiarsi gli obiettivi. Si pensi, ad esempio, ai concorsi musicali dove i concertisti cercano di arrivare primi piuttosto che secondi; parallelamente vi sono alcuni sport, come la ginnastica artistica, dove il gesto motorio si fonde con l’arte e viene giudicato secondo parametri di estetica simili a quelli osservati in un concorso musicale. Ovviamente ci sono punti di intersezione ed altri di separazione tra le due discipline, per cui non possiamo sovrapporre completamente le due attività, ma le analogie tra i settori sono indubbiamente molte.
Empedolce70: Tra le mie devianze c’è anche quella di essere (stato) un accanito lettore di fantascienza e di fantasy, non se conosci il ciclo di Dune (6 libri) di Frank Herbert. Una delle cose che mi ha sempre colpito è uno degli assiomi che regola la confraternita Bene-Gesserit “La paura è la piccola morte che uccide la mente”: la paura dell’esporsi in pubblico, la paura stessa di un fallimento preventivo, di non essere all’altezza delle aspettiva (personali, del proprio maestro, della propria famiglia) quanto può influire nella generazione dell’errore?
Christian Agrillo: La paura di suonare in pubblico è indubbiamente una delle cause principali alla base dell’abbandono agli studi da parte dei giovani strumentisti. Tuttavia io distinguerei la definizione dell’evento (suonare in pubblico), dai fattori scatenanti tale paura. È vero che spesso abbiamo disagio a suonare in pubblico, ma una cosa su cui non riflettiamo mai abbastanza è che fondamentalmente non abbiamo paura del “pubblico”. Questo non lo dico solamente io in qualità di psicologo, ma è quanto emerso anche dalle interviste che ho avuto l’onore di fare a grandi chitarristi (su tutti Baldissera, Lewin e Zigante) che fanno dell’attività concertistica la propria professione. Non esistono leggi auree per rispondere alla domanda “perché ho paura del pubblico?”, solamente un accademico molto approssimativo potrebbe enunciare un principio specifico che accomuni l’eterogenea classe dei musicisti. Ognuno di noi ha la sua risposta alla domanda. Ad esempio, per alcune personalità (penso ai tratti narcisisti) la paura del pubblico potrebbe riflettere in realtà la paura del proprio giudizio, la paura di dimostrare a se stessi che non si è poi così bravi come si pensava..
Il pubblico è un insieme eterogeneo di individui e spesso non ha un volto definito, per cui la prima domanda che bisognerebbe farsi, a mio avviso, è che volto diamo noi a quel pubblico.
Empedocle70: Per evitare questa paura, questo tipo di paura emotiva e gestire al meglio l’emotività che per un marzialista così come penso per un musicista è una grande risorsa e una grande fonte di energia nell’aikido si ricorre spesso a tecniche di dinamica mentale, ad esempio si immagina di eseguire una tecnica durante un’esame, un combattimento, una situazione impagnativa, standosene seduti in meditazione a occhi chiusi, si cerca cioè di ricreare nella mente quella situazione di stress e di definire nel massimo dettaglio la tecnica da eseguire come quando si è nel dojo tra amici, è possibile utilizzare queste tecniche come preparazione al concerto.
Christian Agrillo: Di sicuro le tecniche di rilassamento o le tecniche di consapevolezza corporea (es: Feldenkrais) possono aiutare il musicista. È anche vero che la loro valenza è pressoché nulla se lo strumentista non le pratica anche nel periodo di studio precedenti al concerto: è difficile pensare che l’improvvisazione di una tecnica di rilassamento a ridosso di un palcoscenico possa portare ad effetti positivi (se non un generico effetto placebo).
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