mercoledì 16 dicembre 2009

Intervista con Juan Trigos seconda parte


Come affronta da compositore il difficile compito di scrivere per strumenti che non suona o ensemble che non conosce a fondo?

Come dicevo per quanto riguarda la chitarra, bisogna diventare un po’ gli ensemble o gli strumenti che uno non sconosce per poter scrivere bene per loro, o meglio per farli suonare bene. Mi chiama l’attenzione questa affermazione “ensemble che non conosce a fondo” perché sottintende la questione delle commissioni. Io credo che il compositore scriva un po’ le cose per cui ha interesse scrivere e che operi una scelta, che può essere estetica o semplicemente una sperimentazione, sia nel caso decida di scrivere un pezzo per suo conto, sia nel caso decida di accettare una commissione. In ogni caso, se non si conosce e non si è mai scritto per un determinato strumento bisogna innanzitutto fare in modo di conoscerlo molto bene, questo sta alla base per poter scrivere buone composizioni per quello strumento in particolare.

Ascoltando la sua musica mi sono fatto l’idea che lei venga da una grande molteplicità di ascolti e di influenze, come gestisce questi frammenti di memoria musicale nelle sue composizioni? Li utilizza consciamente o …. li lascia liberamente fluire?

Sono convinto che tutti i compositori siano il prodotto di tanti ascolti e il risultato di una assimilazione di cultura in generale assieme alle varie esperienze di vita propria, che è un po’ quello che accennavo prima. Tutte queste cose che vivono dentro di noi, vengono elaborate riflettendosi nelle composizioni, alcune sono controllate dalla testa e altre no, sono inconsce. La cosa veramente importante nell’arte è che giochino entrambe questi aspetti e che nell’atto della creatività agiscano insieme.

So che lei ha studiato con Nicolò Castiglioni e Franco Donatoni, di cui è stato anche assistente .. che ricordi ha di loro, dei loro insegnamenti, della loro poetica musicale?

Dopo essere stato per un certo periodo a Roma presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra dove ho studiato gregoriano, polifonie antiche, ecc, mi trasferii a Milano. Questo fu un primo confronto con un ambiente diciamo un po’ più internazionalizzante, se così si può dire. All’epoca, stiamo parlando del 1987, ho studiato al conservatorio G.Verdi di Milano con Castiglioni il quale non mi era assolutamente sconosciuto, spevo benissimo che si trattava di un grandissimo compositore e notevole pianista. Lui ha contribuito molto alla mia formazione dandomi ricchezza per quanto riguarda la fantasia nell’orchestrazione, scioltezza nella scrittura e trasmettendomi questa ricchezza nelle figurazioni musicali per rendere più agibile la musica. Una figura molto più importante per me, senza diminuire quella di Castiglioni, è stata quella di Franco Donatoni. Egli rappresenta per me la struttura interna intesa come rigore della scrittura. Di lui mi interessa soprattutto la pulsazione e la rilettura. Rilettura non nel senso unicamente della tecnica ma il concetto di rilettura intesa come posizione spirituale verso l’arte, che significa avere nel tempo una continua visione sotto ottiche differenti di se stessi cioè l’auto riflessione. Questo è stato uno degli insegnamenti più importanti di Donatoni, che per me è stato una specie di padre musicale o tutore musicale molto importante nella mia formazione come artista, al di là dell’ essere stato anche un grande amico. Ciò non vuol dire che la mia musica suoni a lui, diciamo piuttosto che tutti dobbiamo qualche cosa a qualcuno e io, a Donatoni, devo questa parte. Lui ha costituito l’ultima solidificazione della mia personalità musicale, non solo nella parte tecnica ma anche in quella spirituale.


continua domani

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