giovedì 3 dicembre 2009

Lunfardo una lingua per il Tango? di Rubén Andrés Costanzo parte terza




Esistono altre opininioni: Daniel Vidart, ad esempio, non chiama lunfardo il lessico popolare come Gobello, ma sostiene che questo sia un grave errore e che parole di questo gergo sono state assimilate dal linguaggio popolare. Afferma inoltre che non è corretto usare l’espressione: poesia lunfarda, ma lunfardesca, cioè un uso intellettuale di vocaboli lunfardi.11 Conferma questo pensiero Idea Vilariño, che nel suo libro Las letras de Tango afferma: “Per il suo linguaggio il tango si divide in tre grandi gruppi che non sono omogenei, ma che sono integrati per materiali che racchiudono diverse sfumature e gradi di approssimazione alle forme parlate; il lunfardo…; il gauchesco e un linguaggio depurato da qualsiasi deformazione volgare – lontani dalla parlata quotidiana”12.

Ma perché la cultura argentina si porta dietro una polemica da cent’anni? Forse l’eredità culturale della Madre Patria Spagna: rigida, cattolica che non guarda la realtà, in quest’ottica la cultura dei poveri e di quelli che vivono del lavoro manuale non è degna di essere considerata come parte del patrimonio di una nazione.
Lo scrittore argentino Miguel Canè nel 1905 sosteneva che con l’estensione dell’educazione alle classi popolari il lunfardo doveva sparire dalla circolazione13.
Ezequiel Martìnez Estrada lo chiamò “linguaggio patologico”14.
Borges, in due libri che ha poi ripudiato – El tamaño de mi speranza (1926) e El idioma de los Argentinos (1928),15 – argomenta contro il lunfardo, con parole molto dure e riprende la critica 40 anni dopo nel libro El informe de Brodie (1970) dicendo: “(il lunfardo) è uno scherzo letterario inventato da commediografi popolari e da autori di tango e la vera gente del popolo lo ignora, se non è stata indottrinata dai dischi fonografici”16. Sappiamo che nel carattere del Grande Inquisitore c’è un rifiuto per tutto quello che è popolare, comunque non possiamo negare che le sue argomentazioni contro il lunfardo racchiudano una grande verità: fuori dalla sua funzione letteraria il lessico lunfardo praticamente non esiste nel linguaggio quotidiano di Buenos Aires.
È una guerra di simboli tra conservatori e progressisti, i primi asserragliati nel linguaggio ufficiale della Accademia delle Lettere, gli altri rubando al lessico popolare parole per contrastare l’ordine costituito. Dobbiamo sottolineare che i personaggi dell’alta cultura Argentina che combattono il cattivo linguaggio del popolo, parlano dei sobborghi e della loro gente senza mai scendere di persona nei bassifondi per verificare le loro tesi. Dai salotti bene della città di Buenos Aires predicavano a favore di una “culturizzazione” del popolo per poi appogiare governi che al popolo davano solo miseria.
Come andrà a finire questa guerra? Senz’altro il linguaggio popolare vincerà sempre contro la lingua ufficiale, ma alla fine gli archeologi trovano solo resti della “Cultura Alta”.
Dalla mia esperienza con il linguaggio di Buenos Aires posso dire che è inafferabile come un fiume, ci si avvicina per osservarlo ma tutto quello che possiamo fare è catturarlo in piccoli recipienti oppure immergerci in lui, senza mai averne una visione completa.
Sono 20 anni che vivo in Italia e quando, ogni due anni, visito Buenos Aires osservo come il tempo cambia il linguaggio; posso dunque testimoniare che le parole lunfarde che appaiono nei tanghi non sono utilizate nella vita quotidiana in maniera frequente, salvo per scherzare o per enfatizzare un sentimento.
L’uomo ha inventato l’arte per sconfiggere la morte o almeno morire nell’intento; nell’arte rimane registrato il breve passo della nostra eternità, il tango col suo linguaggio ibrido cerca di fermare nel tempo la memoria del Rìo de la Plata.
Vi lascio con le parole di un porteño che del tango la sapeva lunga…

Rubén Andrés Costanzo


Mi chamuyo
Di Juan Nilo Siciliano

Porque a veces salpico de florido lunfardo,
mi sensiyo chamuyo con resabio oriyero,
vos que sos medio camba, pensaràs que me ‘spianto
con palabras vacias, del biabazo del tiempo.

Yo quiero que comprendas que sin embalurdarte
puedo batirte mucho del ambiente porteño.
Pues vengo campaneando dede hace medio siglo,
que linda es Buenos Aires con empilche moderno.

Aunque cambien las cosas, no creas que el lenguaje
denominado “lunfa” se plegarà al recuerdo,
no. Al contrario, se nota que no hay otras palabras
que se ganen tan hondo en la zurda del porteño.

Desde el camba al ciruja, desde el fioca hasta el reo,
hasta el ejecutivo embrollòn y el burrero;
se chapan del lunfardo pa’ batir si estàn gunfias,
para tirar la bronca o batir su contento.
17

Bibliografia consultata oltre a la citata nelle Note:

Rosalba Campra. “Como con bronca y junando…” la retorica del Tango. Edical. Buenos Aires 1996
Jaime Rest. Notas para una estilistica del Arrabal. Srecretria de Estado de Obras Pubblicas . Direccion de Obra Social Servicio de Extenxin Cultural. Buenos Aires 1965
Josè Gobello. Etimologias. Corregidor. Buenos Aires 1978
11 Daniel Vidart, El Tango y su mundo. Ediciones Tauro. Montevideo. 1967 pag 62
12 Idea Vilariño. Las letras de Tango. La Forma Temas y Motivos. Editorial Schapire srl. Buenos Aires 1965. pagina 15
13 Horacio Salas, Il tango. Ed. Garzanti. Milano. 1992. Dalla pagina 204
14 Ezequiel Marìnez Estrada. Radiografia de la Pampa. Editorial Losada S.A. Buenos Aires 1953 pagina 218
15 J.L. Borges Op. cit..
J.L. Borges El idioma de los Argentinos. Alianza Editorial. Madrid. 2000.
16 Jorge Luis Borges. Il manoscritto di Brodie in Tutte Le opere. Arnldo Mondadori Editore. Milano 1994. Tomo 2 pag 367
17La Mia palata.
Perché a volte spruzzo di fiorito lunfardo/ la mia semplice parlata con retrogusto marginale,/ tu che sei in gamba, penserai che mi vanto/ con parole vuote del tempo passato
Io voglio che tu comprenda senza ingannarti/ posso dirti molto dell’ambiente porteño./Perché lo osservo da mezzo secolo/ che bella è BsAs col vestito modero.
Anche se cambiano le cose, non credere che il linguaggio/denominato lunfa si piegherà al ricordo/no. Al contrario, si vede che non ci sono altre parole/ per urlare la rabbia o parlare di felicità
Dal ricco al barbone, dal magnaccia al carcerato,/ dal bussinesman allo azzeccagarbugli e al giocatore d’azzardo/si prendono del lunfardo per dire se sono infastiditi/per urlare la rabbia o parlare di felicità

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