martedì 15 dicembre 2009

Intervista con Juan Trigos prima parte


Come definirebbe la sua musica?


Tutta la mia musica si basa su un nuovo concetto, da me creato, che prende il nome di Folklore Astratto. Questo concetto è fondato su principi come la pulsazione primaria (intesa come tempus primus), la risonanza e l’uso ossessivo di incastri di eventi tra loro di differenti densità e durata. All’interno poi del Folklore Astratto diciamo che ho sviluppato una certa inclinazione alle opere di grande formato, con dotazioni strumentali numerose e caratterizzate dall’uso strutturale e abbondante di strumenti a percussione, compreso il pianoforte. La mia opera si distingue in due sezioni fondamentali: la musica vocale (opera e musica sacra) e strumentale con predilezione per le forme concertanti. Tra le mie composizioni più rappresentative del concetto di Folklore Astratto ci sono la cantata concertante Magnificat Guadalupano, la Missa Cunctipotens Genitor Deus, sei Ricercare da Camera, una nutrita produzione per chitarra, che include due concerti per chitarra e orchestra, e uno per quattro chitarre, i concerti per piccolo, per contrabbasso e due tripli concerti. Di particolare importanza sono la Sinfonía Nº 1. Un altro elemento importante, poi, consiste nella creazione di un nuovo genere chiamato Ópera de Hemoficción. L’ Hemoficción (Emofinzione) è una estetica letteraria inventata da mio padre, lo scrittore e romanziere Juan Trigos S., creatore dei testi delle mie opere.

Come è nato il suo interesse verso il repertorio contemporaneo e quali sono le correnti stilistiche nella quale lei si riconosce maggiormente?

L’interesse per la musica, quindi per il repertorio contemporaneo, generalmente viene insieme a tutto quello che uno ascolta e dipende molto probabilmente dall’ educazione in casa. Ricordo infatti che con mio padre ascoltavo tantissimi autori, non solo autori europei ma anche messicani, americani ecc, oltre al folklore e alle musiche popolari di diverse parti del mondo. L’interesse dipende molto anche dai gusti personali, per cui ci si sente più o meno vicini a una certa corrente. Il compositore o il creatore d’arte sono prodotto di tante altre influenze. Io mi riconosco in tanti autori, mi sento per esempio vicino al mio carissimo amico e insegnante Franco Donatoni, più nella struttura che nel suono che viene fuori, infatti a Donatoni devo in gran parte la struttura interna, questo rigore che lui chiamava artigianato musicale. Usando un metafora si tratta di un cocktail dove si mettono un po’ di Beethoven, un po’ di Stravinskij, di Revueltas, di Chávez, un po’ di folklore, un po’ di Donatoni… insomma si mettono un po’ di tutti quelli che amo, si shakera… et voilà viene fuori Trigos … ah ah… una cosa del genere…

Berlioz disse che comporre per chitarra classica era difficile perché per farlo bisognava essere innanzitutto chitarristi, questa frase è stata spesso usata come una giustificazione per l’esiguità del repertorio di chitarra classica rispetto ad altri strumenti come il pianoforte e il violino. Allo stesso tempo è stata sempre più “messa in crisi” dal crescente interesse che la chitarra (vuoi classica, acustica, elettrica, midi) riscuote nella musica contemporanea. Lei come compositore e chitarrista quanto ritiene che ci sia di veritiero ancora nella frase di Berlioz?

Beh.. in parte, non essendo chitarrista, non posso essere d’accordo con Berlioz perché sarebbe una contraddizione. D’altro canto sono d’accordo perché in realtà è come se io suonassi la chitarra seppur non suonandola. Ho alle spalle, infatti, un grande studio di questo strumento, di come è costruito e di come suona. La prima volta che si scrive un pezzo per chitarra si incontrano tutte le difficoltà che porta questo strumento quindi in qualche modo bisogna diventare chitarristi, almeno nello spirito, per capirne la tecnica e il risultato sonoro. Il mio amore per la chitarra, probabilmente, viene direttamente da mio padre perché lui la suonava ed è stato questo il mio primo approccio con lei. E’ nella mia anima da sempre. Poi, bisogna dire che nel mio paese , il Messico, ce ne sono tanti tipi, modi e stili di suonarla.. ci sono la chitarra classica, il requinto, il jarocho, la jarana, il guitarron, il tiples, il cuatro, il tres, la vihuela, quelle costruite appositamente per l’esecuzione di virtuosismi, quelle che da noi si chiamano guitarras de golpe (chitarre di colpo), che sono quelle che sviluppano la ritmica, ecc.. Parlando invece della questione del repertorio, diciamo che la chitarra un po’ come il sax, che è stato sempre considerato inferiore per essere di taglio popolare. Per me rifiutarla sarebbe come rifiutare la musica stessa. La chitarra si è sviluppata molto dall’ 8oo in Messico, come in Latino - America e ovviamente in Spagna. Attraverso il tempo ha avuto uno sviluppo impressionante nel folklore e nella musica colta soprattutto dal XX secolo ai nostri giorni.


continua domani

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